UNA STORIA A PUNTATE DI RICORDI E MISTERI.
Il "bottino di Lima" è il più leggendario dei tesori perduti http://it.wikipedia.org/wiki/Tesoro_dell'Isola_del_Cocco

lunedì 27 gennaio 2014

3. GIORNI SELVAGGI


RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI: Il vecchio giramondo ha annunciato al giovane amico la sua morte imminente, accompagnata dalla comparsa sul suo corpo di un segno di morte. L'amico gli chiede di riesumare vecchi ricordi, nei quali si potrebbe celare una chiave di interpretazione di ciò che sta accadendo. Tra quei ricordi, compare una figura inquietante di donna.


INTRO: MC Cullah - Ooh Baby You Drive Me Crazy Blues (free download)


La luna si è nascosta fra le nubi
di madreperla
dopo che in me, a vederla,
vecchi fantasmi nacquero e follia.
(Umberto Saba - Nuovi versi alla luna)


Vorrei che la storia potesse scivolarmi giù come un bicchiere d'acqua fresca in una giornata afosa d'estate, invece no. Sono costretto a sorseggiare pause, silenzi e la sua faticosa scelta di parole apparentemente innocue, ma pesanti come sensi di colpa.
A volte quelle parole sono costretto a cavargliele fuori dalla bocca e allora sembra che possano rimanere da un momento all'altro impigliate nella sua barba, per strapparsi e perdersi irrimediabilmente.
"E la ricchezza che cercavi?"
Afferra una candela accesa che dentro la sua mano ha le dimensioni di un cerino nella mia.
Se la porta alla bocca e soffia via il fuoco.
"Puff"
Prima di riaccenderla sorride e... è stato il solo fatto di aver socchiuso la bocca a aver riacceso il fuoco del racconto?
"Lei aveva..."
"Come si chiamava?"
"Mi disse... mi disse di chiamarsi Heith."
disegno G.Marsili

"Non credi che fosse il suo vero nome?"
"Non credo a niente di quello che mi raccontò. Nemmeno a quello. Comunque... Lei aveva idee molto chiare su come fare soldi. Ebbi l'impressione che non fossero solo idee, teorie, ma non volli indagare sul suo passato. Il presente mi bastava, il futuro mi ammaliava, il passato... non aveva nessuna importanza, né il mio né tantomeno il suo."
Una candela sfrigola e una voluta di fumo grigio si alza dal tavolo per scomparire nel buco nero del soffitto.
"I segreti. Mi disse che i segreti sono la chiave che apre tutte le porte, specialmente quelli che restano attaccati ai soldi. Dovevamo solo raccoglierne un po' e coltivarli per il tempo necessario perché potessero dare frutto."
"Che tipo di segreti?"

"Non ne avevo idea, finché non mi spiegò come ci saremmo mossi. E così nel giro di qualche mese portavamo il peso di furti e rapine sulle spalle, insieme a quello di un certo gruzzolo nel portafogli. Vivevamo di adrenalina, ma non poteva durare a lungo. Cominciarono a girare voci sul conto di questa coppia di misteriosi criminali. All'inizio la gente parlava di un padre e di un figlio. Comparvero identikit sui muri e sui pali del telefono che fortunatamente non ci assomigliavano nemmeno un po', ma non potevamo continuare a scherzare col fuoco. Presto ci avrebbero preso. Ce ne dovevamo andare. Prendimi qualcosa da bere, per favore".
Mi alzo per prendere una bottiglia di vino da una piccola credenza. In silenzio, come un automa, la stappo, prendo un bicchiere anche per me e me ne verso due dita, mentre so che le sue non possono essere meno di quattro.
"E' stato a quel punto che lei è scomparsa?"
"Sì. Con i soldi, ma se fosse stata quella l'unica ragione della fuga, mi sarei messo l'anima in pace fin da subito. Invece capii immediatamente che c'era qualcos'altro sotto. Se n'era andata, ma aveva lasciato tracce: un biglietto che diceva: 'Grazie. Ti sei dimostrato un tesoro, ma nessun tesoro è per sempre'. Sembrava che non le importasse se l'avessi seguita o meno. Che avesse qualcosa di ben più importante cui pensare. Da quell'isola, di prima mattina, te ne potevi andare solo in un modo: con una barca o con un aereo privato. Scartai la possibilità dell'aereo, troppo complicata. Riguardo alle barche, avevo ormai contatti con tutti i contrabbandieri dell'isola, quelli che alle prime luci dell'alba stanno tornando da una nottata di lavoro. Fu un tizio che si faceva chiamare Terrence a dirmi di averla vista salire su un motoscafo preso a nolo, diretto a ovest. A ovest c'era il mare aperto, ma prima, l'isola di Alcaite. Nel giro di due ore ero in mare. Dovevo sapere, assolutamente sapere".

CONTINUA IL 3 FEBBRAIO
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OUTRO: Long Hair- This train has sailed (free download)



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Musica: Freemusicarchive.org
Disegni: Giovanni Marsili giovannimarsili84@gmail.com

lunedì 20 gennaio 2014

2. LA LUNGA OMBRA



INTRO: Roger McGuinn - Drunken sailor (free download)


Ci eravamo conosciuti anni prima, una sera di vento e nuvole veloci.
Appena sceso dal treno, reduce da una visita a quella che mio malgrado era e sarebbe rimasta solo un'amica, ero entrato in quel bar stanco ed affamato. Mi ero attaccato al bancone come se si trattasse di una zattera di salvataggio e avevo preteso un panino e una birra.
Insensibile a tutto quello che mi circondava desideravo solo finire di mangiare per poi, una volta a casa, buttarmi a letto e non pensare più a niente.

D'un tratto una coppia di ragazzi seduta ad uno dei tavolini aveva preso a litigare. Una tipica lite tra innamorati: accuse, domande pressanti, silenzi rabbiosi e risposte taglienti. Il tono delle voci si era alzato, un pugno si era abbattuto sul tavolino.
Avevo creduto ad un intervento del barista, che aveva invece continuato a farsi espressamente gli affari propri, sperando che quel fuoco si fosse acceso sulla paglia. Mi ero guardato intorno per la prima volta da quando avevo messo piede lì dentro per notare come tutti gli altri avventori stessero facendo altrettanto.
Tutti, tranne lui.
Sedeva in disparte e beveva un bicchiere di rosso.
Di primo acchito, dai vestiti trasandati, dal cappello di lana, lo avevo creduto un clochard. Poi avevo colto il suo sguardo: calmo, antico, bruciato dal sole di una vita in cui doveva averne viste di cotte e di crude.
Seguiva il litigio da spettatore attento, come al cinema. Avevo fatto lo stesso finché la ragazza non era uscita correndo, inseguita dal giovane e dal barista che non aveva riscosso il conto.
Allora lui aveva guardato me  e io avevo abbassato istintivamente gli occhi. Mi stava ancora guardando quando li avevo rialzati.
Sorseggiato tutto il vino, si era avvicinato al bancone e mi aveva rivolto la parola con quella sua voce indimenticabile.
"Questo è molto più che un bar: con un buon bicchiere di Porto spesso ti servono una storia e, perlomeno alla mia età, non si può davvero chiedere di più... Ma lasciamo la filosofia a chi non si vuole sporcare le mani".

Mentre la sua ultima storia langue tra mille pause che non riesco a scalfire, ripercorro quei momenti e penso a quanto, a volte, il destino si nasconda negli incontri più impensabili.
Ormai la notte si è fatta largo e riempie ogni pertugio, fuori e dentro questa stanza.
"Era tutto deciso. Saremmo partiti da lì a un paio d'ore. La barca era ormeggiata in porto, un sei metri a vela con lo scafo di legno: una meraviglia per gli occhi e ancor di più per le mie mani di marinaio. Avevo appena finito di rifornire la cambusa: c'era tutto il necessario per qualche settimana di navigazione. Ritornai allo chalet sulla spiaggia con il sole che si spegneva nell'oceano. Prima di aprire la porta guardai la mia ombra lunga proiettata sulla sabbia fine: avrei mai rivisto quel posto sospeso nel tempo? Forse no, ma stava per cominciare una nuova avventura e avrei avuto lei a fianco, quindi, potevo dimenticarmi serenamente di tutto il resto.
Poi aprii la porta. Capii subito che lei non c'era più e che, andandosene così, mi aveva voluto sputare in faccia il fatto che, in fondo, lei non c'era mai stata. Era stata tutta un'illusione."

"Dove eravate diretti?"
Le sue parole sono bolle d'aria che riemergono dal fondo di un oceano nero.
"Non ho più molto tempo. Ma forse è giusto che tu sappia come tutto è cominciato. Forse ho il dovere di iniziare dal principio. Per te e per me, per riempire il vuoto che precede il nulla."
I suoi occhi sono spenti, adesso. Niente a che vedere con quelli che mi bruciavano la pelle quella notte di anni fa.
"Come l'hai conosciuta?"
Sorride amaro.
"C'è stato un periodo della mia vita di cui non ti ho mai parlato, in cui ho desiderato più d'ogni altra cosa di essere ricco. Dopo una vita piena di emozioni forti ed ingrate, volevo potermi sedere in una veranda sul mare con una birra in mano senza dover pensare a niente di materiale. Volevo poter scegliere di non provare niente se non il gusto di godermi il momento. Naturalmente non sapevo da dove cominciare e soprattutto non avevo un capitale da investire o da impiegare. Mi trovavo in Florida e vedevo tutti i giorni fior di miliardari ostentare la loro ricchezza davanti a quelli come me. Decisi di studiarli meglio.
Un amico salpava per portare turisti alle Key Islands, dove i ricchi americani possiedono incredibili ville sui resti di quelle dei negrieri. Quando approdammo, capii subito di essere nel posto giusto, quello in cui i soldi non fanno niente per nascondersi. Mi trovai un lavoro da guardiano in una villa da trenta stanze. Passavo le giornate a pensare, a guardare i gesti di quelle persone così lontane da me, a cercare di capire. Mi feci amico un vecchio maggiordomo indigeno che serviva quella famiglia da quando era un ragazzo e alla fine mi confidai e gli chiesi: "Come si fa? come si fa a diventare come loro?" Lui mi guardò negli occhi e mi disse ridendo : "Si arraffa finché nessuno ha più interesse a sbatterti dentro".


Quando non ero di servizio frequentavo un bar vicino alla spiaggia. Una sera che avevo bevuto più del solito vidi una ragazza, da sola, al bancone. Piangeva. Quando mi feci avanti notai i suoi occhi grandi, il corpo da ballerina leggero, ma forte. Mi disse che era stata appena abbandonata dal suo amante facoltoso e io le credetti.  A quante delle sue storie ho creduto senza battere ciglio... Quella sera la consolai nell'unico modo in cui gli uomini come me riescono. Il giorno dopo le proposi di prenderci uno chalet in affitto vicino al mare. Accettò e rinunciai così alla mia stanzetta da servitore nella villa. Passammo giorni impetuosi, da amanti veri. O almeno questo è quello che credevo. Poi lei mi chiese perché fossi venuto sull'isola e io le dissi la verità. I suoi occhi brillarono.
Mi baciò e mi disse: "Io ti aiuterò. Insieme, ce la faremo". 

                                              continua il 27/1/2014 qui e su Radiostile.it 



Outro: Marinoni e Roncarolo con Padovan - Cold Flowers (free download) 

Foto: Pixabay.com
Musica: Freemusicarchive.org
Disegni: Giovanni Marsili giovannimarsili84@gmail.com 

lunedì 13 gennaio 2014

1. REQUIEM PER IL VIVO



INTRO: THE COLUMBINES - The devil is crossing me (free download)

 

Il suo tono distaccato, lontano, sospeso.
La sicurezza nella sua voce profonda che c'è sempre stata e d'un tratto non c'è più.
Affretto i miei passi verso il suo appartamento incastonato tra i vicoli del centro, mentre le ombre dei palazzi scacciano la luce autunnale e preparano il campo ad una sera grigia.
La sua telefonata ha acceso un'angoscia sorda dentro di me, ma si tratta di lui. Ogni sforzo teso ad immaginare il perché mi abbia convocato così misteriosamente sarà trascinato via da questa brezza umida che spazza le strade e odora di marcio.


Il portoncino scrostato è aperto. 
Salgo le scale e dagli appartamenti vicini risuonano le risate degli studenti fuori sede, quelli che lo chiamano Barbanera. 
Arrivo sul pianerottolo col fiatone: anche la porta è accostata.
Qualche passo e la penombra dell'ingresso mi avvolge come nebbia.
In un attimo rivivono tutte le serate passate in quel buco umido ad ascoltare le sue vecchie storie, come un bambino affascinato da una filastrocca che non ha fine.
C'è una quiete innaturale: anche il vecchio giradischi, che di solito sputa vecchi blues o jazz o ballate strappalacrime, è spento.
Svolto sulla destra, verso il minuscolo salotto.
Lo trovo lì. 
Sprofondato nella poltrona di velluto, immobile, guarda fuori l'avvicinarsi della notte con una candela accesa sul tavolo che gli illumina a malapena la barba. Una scena dipinta da un Vermeer rimasto a corto di colori vivi.
Accenno un saluto timoroso e la voce mi esce roca, spettrale. Ma... quella non sarà la faccia di un morto? 
"Ciao..."
Non lo è. Continuando a guardare fuori dalla finestra, lui alza una mano e mi fa segno di sedere.
"Accendi un'altra candela. Per favore"


Parla piano, ma la sua voce satura comunque ogni centimetro della stanza.
Non mi aveva mai detto "Per favore" prima d'ora.
Mi siedo, sul tavolo c'è un'altra candela, la accendo con i cerini, lascio sgocciolare un po' di cera sul tavolo e la fisso così, come l'altra.
Stiamo così, in silenzio. Lo osservo cercare parole lontane.
"Quando ci siamo conosciuti mi sei sembrato subito un ragazzo sveglio"
"Non ero già più un ragazzo"
"La filosofia lasciamola ..."
"A chi non si è mai sporcato le mani. Me l'hai detto proprio la prima volta che ci siamo incontrati"
"Insomma, avrai capito che non ti ho chiamato per compagnia. Non ho nessun altro cui dirlo, per questo ti ho chiamato."
"Dirmi... cosa?"
"Sto morendo"
Un'onda di adrenalina mi colpisce duro. Sudo freddo. Il mio stomaco si contorce.
Me lo sta dicendo senza inflessioni, senza tradire emozioni particolari e poi mi fissa, attende una mia reazione che non c'è, non ci può essere.
Ingoio saliva amara.
"Cosa... come... che sta succedendo?"
Non mi risponde e mi sento stupido, inadeguato, incapace di gestire una situazione più grande di me.
Lui allora si apre lentamente quella camicia che un giorno dev'essere stata bianca. Sul petto c'è un intero reticolo di quelli che sembrano capillari rotti, ma potrebbe trattarsi anche di un tatuaggio.
C'è troppa poca luce per dirlo.
"Cos'è?"
Lui stacca una candela dal tavolo e se la avvicina.
Con la mano libera poi setaccia con delicatezza una tasca dei pantaloni e ne estrae una foto. Me la porge senza guardarla.
La mano mi trema quando la afferro e la avvicino alla candela.
E' una foto vecchia di una vita. Due persone sedute su una spiaggia deserta.
Uno è lui, trenta o quaranta anni fa. Un sorriso spavaldo, robusto, di chi non solo è sicuro di sé, ma anche di tutto il resto del mondo.
L'altra è una giovane donna, dai lineamenti forti e uno sguardo rapace.



"Cos'è?"
Mentre mi indica un punto preciso della foto, lui avvicina ancor di più la candela al suo petto, rischiando un'ustione.
"Guarda la spalla della donna"
Sforzo gli occhi per cogliere il particolare sulla foto scolorita.
"C'è... un tatuaggio. Sembra... "
"Una tartaruga"
"Sì"
Di colpo capisco. Guardo l'intrico di linee violacee che percorre il suo petto. Guardo il tatuaggio della foto. Cristo. E' solo un effetto ottico o una questione di dettagli?




"E'...è lo stesso disegno?"
Si tocca il petto. "Questo non è un disegno. Non è un tatuaggio. E' carne che marcisce. Sangue putrefatto."
Lo fisso esterrefatto mentre cerco di mettere insieme i pezzi.
"Sto morendo. Sapevo che non avrebbe dimenticato..."
"Non capisco...che vuol dire?"
La mia supplica è falsa, artefatta: l'unica domanda che mi sto ponendo è se non abbia perso del tutto la ragione.
Non parla, ma non sopporto il silenzio.
"Raccontami. Qualcosa."
Mi fissa. La luce nei suoi occhi è solo un riflesso della candela.
Non crede che io possa essere davvero interessato.
Non crede che io stavolta lo possa credere. Mi ricompongo, mi risistemo sulla sedia. Quella stanza sembra ancora più piccola. Le pareti incombono, minacciano di chiudersi di colpo.
Vorrei essere in un posto qualsiasi del mondo, estratto a sorte.
"Racconta. Per... per favore".
E mentre lui raccoglie le idee e il suo sguardo si perde indietro nel tempo, mi dico che non può essere impazzito di colpo, non può star scherzando, non può essersi inventato tutto. Lo conosco, cristo. Oppure no?
Non ci sono molti modi per scoprirlo. Accendo un'altra candela, attendo l'inizio del racconto e il momento in cui le sue parole mi trasporteranno lontano ancora una volta.
Sospira profondamente.
"Lei... non era chi diceva di essere"


continua il 20/1/2014 qui e su Radiostile.it 





OUTRO: DIRTY BEACHES - Night city (free download)


Foto: Pixabay.com
Musica: Freemusicarchive.org
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